Salto triplo

È come una danza in pedana, mix di velocità, esplosività e talento. Hop, step, jump: si chiamano così i tre balzi del salto triplo, specialità iper-tecnica che rientra nella famiglia dei salti in estensione. Nel primo stacco (quello sull’asse di battuta) e nel secondo si usa lo stesso piede, destro o sinistro che sia, mentre per il terzo balzo si ricorre all’altro piede. La misurazione e il limite del vento consentito seguono le medesime regole del salto in lungo.
Il mito del triplo a livello mondiale risponde al nome di Jonathan Edwards: nella finale mondiale di Göteborg 1995 il britannico planò prima a 18,16 e poi all’attuale record del mondo di 18,29. Nessuno fino a quel momento aveva mai varcato la soglia dei diciotto metri. Più recente il primato al femminile, sgretolato dalla venezuelana Yulimar Rojas fino al 15,74 indoor di Belgrado nel 2022, superando il record di 15,50 dell’ucraina Inessa Kravets (sempre Göteborg ’95) che resiste come primato europeo.
Soltanto sette uomini hanno superato i 18 metri nella storia: l’unico europeo oltre a Edwards è il francese Teddy Tamgho (18,04) nel 2013. Una finale memorabile del triplo è quella delle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968 nel corso della quale è stato battuto per quattro volte il record del mondo (l’italiano Gentile, il brasiliano Prudencio e il russo Sanejev per due volte fino a 17,39) dopo che in qualificazione Gentile aveva portato il primato a 17,10.
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