Siepista, maratoneta, fotografo, giornalista, organizzatore, giramondo, protagonista e testimone di tanta, tantissima atletica. Ci sono molte parole che possono essere associate a Franco Fava. Una persona che ha corso e corre, con le gambe e le parole, sempre con uno speciale carburante: la curiosità.

Ma Franco ha fatto i conti anche con una fastidiosa compagna di viaggio nella sua carriera: la tachicardia. I suoi stop improvvisi nel mezzo di una gara sono diventati storia. Il suo “cuore matto” fu oggetto di studio. Per esempio, una mattina del 1978, domenica 30 aprile, l’Italia degli anni di piombo con Aldo Moro ancora vivo nelle mani dei suoi rapitori. Campionato italiano di maratona che scorre parallelamente alla grande festa degli 11mila della Roma-Ostia. Lui che parte con il numero 1 ma che all’ottavo chilometro si ferma una prima volta.

Sul pulmino che lo segue c’è un’equipe medica che “legge” i suoi battiti grazie al collegamento con un elettrocardiografo “cucito” sul suo corpo. Franco riprende, sta quasi riportandosi sulla coppia di testa formata da Magnani (che vincerà) e Accaputo, ma al venticinquesimo è costretto ancora a fermarsi. E a quel punto si ritira. La diagnosi dei medici: il problema non comporta rischi per la salute. Queste fermate improvvise però sono una zavorra che condiziona le mille imprese atletiche di Fava. Zavorra che non può però impedire a Franco di provare altre emozioni, incontrare altre storie, scoprire tanti, sorprendenti mondi, ad ogni età. Di corsa e non.