La settimana prima era toccato ai maratoneti. 1982, la prima Romaratona, la green line importata da New York sull’asfalto di Roma, Pippo Baudo che se la prende con gli effetti delle chiusure del traffico in diretta a Domenica In. Poi, lo testimonierà un’intervista diversi anni dopo, capirà. Capirà il fascino della corsa e di una domenica in cui le automobili per una volta non sono padrone di tutto.

Una settimana dopo è il 21 marzo, la grande atletica si trasferisce all’ippodromo delle Capannelle. Sono già i Mondiali di corsa campestre, ma per molti resiste ancora il vecchio e affascinante nome: Cross delle Nazioni. Dopo un avvincente testa a testa, l’etiope Kedir supera lo statunitense Salazar. Alberto Cova, futuro campione di tutto sui 10000 metri, è settimo. Nella gara femminile, Agnese Possamai è quarta.

Ma anche nella gara junior ci sono attimi di grande emozione. Succede quando Stefano Mei, futuro campione d’Europa dei 10000 e futuro presidente federale, si trova da solo stretto nella morsa della “dittatura” etiope. Finisce al terzo posto. Scriverà Sergio Rizzo su “Atletica”: “Mentre tutti gli facevano i complimenti, lui si dannava per la mancata vittoria”. Dietro di lui, altri italiani: Panetta sesto, Nicosia settimo. L’Italia junior a squadre è seconda. Dietro gli eredi di Bikila, ci siamo noi.

 

Capannelle resterà un luogo consacrato a un altro sport e a un altro mondo, quello dei cavalli. Ma l’ippodromo ha sempre di più una robusta identità multidisciplinare. Ha ospitato anche momenti di grande ciclocross e ha aperto le porte pure alla scuola di atletica del Roma Runners Club.

Con un occhio agli amatori e al loro mondo come dimostra lo sbarco da queste parti della Cardiorace.