Che c’entra “Er magara” con l’atletica? C’entra eccome! A proposito, “er magara”, per chi non conosce il soprannome, era Carlo Mazzone, il simbolo della professione dell’allenatore di calcio. Anni ‘50: è partito il movimento dell’atletica romana fatto anche di società di “liberi”, ovvero non tesserati, che fanno il tirocinio sotto forma di gare con il Palio dei Quartieri, prima di accedere all’attività federale.

Nascono allora la Virtus Salario, la Vis suddivisa in tre, Nomentano, Centro ed Esquilino-Augusto, il Monte Mario, la Lungaretta e altre ancora. Già, nella Lungaretta c’è il dirigente Gaetano Quattrucci con a fianco il giovane Enrico Pitti, mezzofondista di belle speranze e futuro trascinatore dell’attività dell’Uisp negli anni ruggenti di Corri per il Verde. C’è uno slogan che fa fortuna di questi tempi, lo ha coniato Alfredo Berra, il giornalista-organizzatore-tuttofare dell’atletica. Poche parole semplici: portate al campo l’amico più vicino di casa.

Enrico Pitti lo prende in parola e si rivolge all’amico che abita all’Arco di San Calisto a Trastevere, un lungagnone forte che alla Farnesina salta 5,80 nel salto in lungo con le scarpe di gomma al primo apparire. Una rivelazione, ma lui fa il ritroso, poi confessa: “gioco a pallone co’ la Roma, spero de fa’ carriera, nun posso venì a core”. Finisce qui l’atletica di Carletto e cominciano tante altre storie: corse sotto la curva, promozioni, invenzioni tattiche, e poi Totti, e Baggio, e Guardiola… Ma per anni incontrando gli amici nei più disparati spogliatoi degli stadi italiani, si finiva per rivangare quel momento e lui con un sorriso tutto cuore chiosava: “Ma lo sapete che ero proprio bravo?”.