Il giorno della gloria fu il 10 settembre 1960. I Giochi della XVII Olimpiade salutano con la maratona, la gara più classica, uno dei simboli dei Giochi. Abebe Bikila, etiope, maglia verde, pettorale numero 11, porta il suo continente sulla carta geografica dello sport.

Lo fa con una gara che rimane nella storia: corre per tutti i 42 chilometri e 195 metri a piedi nudi.

Bikila con il suo allenatore, lo svedese di origini finlandesi Onni Niskanen, ha studiato il percorso e in particolare il pavimento leggendario dell’Appia Antica, i famosi basoli della superficie, ricavando la certezza che i piedi nudi garantiscono maggiore sensibilità delle calzature (eravamo lontani dalle scarpe prodigio di ora).

Fatto sta che Abebe si presenta da solo sulla via dei Trionfi, oggi via di San Gregorio. Taglia la linea del traguardo e, freschissimo, si ferma sotto l’Arco di Costantino per un po’ di stretching e defaticamento. Quasi un modo di dire al mondo: guarda che la maratona non è una follia e chi la corre non è un matto.

Cinque mesi dopo, Bikila torna a Roma per una serata televisiva che ricorda le imprese olimpiche. Fa coppia con Gina Lollobrigida e Anna Magnani, saluta il suo compagno d’oro Livio Berruti, visita il Foro Romano con Romolo Marcellini, il regista del film dei Giochi, “La Grande Olimpiade”. L’immagine più bella è quella in cui passa disinvolto davanti al Colosseo, con lo sguardo di chi si sente a casa. Roma è e resterà sempre un po’ sua.